AKÂMÌ: UN RISTORANTE DENTRO UN CONTAINER CON VISTA SULLA DARSENA DI RAVENNA

AKÂMÌ è mangiare a casa di Luongo.

AKÂMÌ è iniziato da casa di Luongo.

AKÂMÌ è casa di Luongo.  

Stiamo parlando di un piccolo e intimo ristorante ricavato dentro ad un container con vista sul canale, situato nella zona Darsena di Ravenna.

Al piano inferiore è collocato il suo piccolo bar, il cui nome parla da solo: “Ristretto”.

E’ proprio da una sua grande passione che Marco ha visto , insieme al suo socio Jacopo Mutti, un locale dove la tradizione incontra l’innovazione.

Mi sono seduta a tavola con lui e dal nostro incontro ne è uscita fuori questa piccola intervista

– Ciao Marco, ovviamente parto dalla domanda più scontata, visto che infondo conosco già la risposta, ma che reputo quasi obbligatoria. Mi confermi che tu non hai mai studiato per diventare cuoco e che quindi nella realtà dei fatti non sei un “vero” cuoco, anche se nella pratica ne sei diventato uno preparatissimo?

Assolutamente no, cioè assolutamente si, lo confermo. Nella realtà sono un perito elettrotecnico, per capirci un elettricista, diciamo che poi ho cucinato tanto strada facendo. 

– E diciamo che strada facendo poi lo sei diventato a tutti gli effetti, ma quindi che lavoro facevi prima di diventare un cuoco a tempo pieno?

Ero responsabile tecnico del teatro Goldoni di Bagnacavallo e seguivo gli eventi per il Comune di Bagnacavallo.

– Dal teatro alla cucina, due forme d’arte a confronto. Come sei arrivato ad AKÂMÌ e perché proprio questo nome?

E’ iniziato tutto a casa mia, AKÂMÌ è infatti una forma dialettale che in romagnolo vuole dire “a casa mia”, per gioco aprendo il frigorifero e creando una pagina sui social dove condividevo cosa cucinavo. Invitavo amici a casa per i quali cucinavo, mentre loro avevano il compito di occuparsi di portare le bevande. Ho sperimentato quello che sapevo fare e ho visto che poteva funzionare, la mia cucina era apprezzata. Ecco quindi da dove è iniziato tutto e da dove deriva il nome.

Se devo essere sincero, il nome ha però anche un’altra spiegazione logica, AKÂMÌ è una parte del tonno che si usa per fare il sushi, che è da sempre una mia grande passione e quindi mi sembrava un bel nome che racchiudeva la tradizione di casa, ma con un accenno contemporaneo e innovativo, un po’ come la mia cucina insomma.

– Da casa tua per pochi amici a i container della Darsena, come è avvenuto il salto?

Una sera ho risposto alla richiesta di una food blogger che gira l’Italia mangiando tipicità locali con le persone del posto per mezzo di un gioco chiamato “Portami a Pranzo nella tua Città” (sorride) e lei, cioè tu, si è presentata, ti sei presentata, in compagnia di Giacomo Costantini. Il giorno dopo Giacomo mi ha accompagnato a vedere questa realtà, Darsena Pop UP, che era ancora in fase di progettazione/ costruzione e proprio qui tra i container ho conosciuto quello che poi è diventato il mio attuale socio, Jacopo Mutti. 

– Che bello sapere che ho portato le giuste energie ad incontrarsi! Ma quindi hai lasciato il tuo lavoro e ora ti occupi solo di questo, ne deduco che siate aperti tutto l’anno?

Cerchiamo di rimanere aperti tutto l’anno, anche se durante il periodo invernale facciamo un’apertura limitata, lo spazio ridotto che abbiamo al coperto infatti è un elemento che incide in modo importante durante i mesi più freddi, soprattutto sull’apertura del nostro bar, che è interamente all’aperto, in estate però compensiamo e siamo aperti come l’Autogrill, praticamente 24 ore su 24.

– Poche sedute, un po’ come a casa propria, ma tante idee, so che ti piace creare serate e cene a tema, mi elenchi i vostri appuntamenti?

Direi che quasi ogni giorno serviamo una proposta diversa, partiamo con il martedì sera con la cena gluten free, il mercoledì sera con la serata dedicata alle tagliatelle no limits, un must romagnolo, il giovedì aperitivo e cena giapponese, fino ad arrivare alla domenica dove proponiamo il nostro brunch mattutino. Ovviamente negli altri giorni e sere il ristorante è aperto con cena alla carta, ma ho bisogno di creare eventi, mi annoio a fare le stesse cose tutti i giorni!

– Il Giappone ritorna spesso nelle tue risposte e ci hai prima confidato di avere una gran passione per la cucina giapponese. Ci sei mai andato?

Si, mi piace molto il rispetto e il modo in cui i giapponesi trattato il cibo e il valore che gli attribuiscono, per non parlare della loro ricerca quasi maniacale alla qualità migliore per ogni prodotto. Mi spiace che non sia percepita da tutti questa realtà e che spesso al cibo giapponese si associ solo maki e nigiri. Io ci sono stato un mese in vacanza e nel viverlo quotidianamente ho capito che è tutta un’altra cosa dal ristorante giapponese che magari troviamo sotto casa nostra qui in Italia. Da quell’esperienza mi sono portato a casa un pacchetto di consigli e idee nuove da utilizzare per i miei piatti.

– Giappone a parte, c’è una cosa che ti piace cucinare più delle altre?

In realtà mi diverte cuciniare qualsiasi cosa che mi faccia scattare un’idea nella testa! La pasta mi piace molto, ma se trovo del bel pesce fresco al mercato non faccio in tempo ad arrivare in cucina che sento subito l’esigenza di sperimentare un nuovo piatto.

– Le materie prime che utilizzi sono sempre fresche e di stagione?

Freschezza e stagionalità sono due regole fondamentali per partire già con la metà del risultato in tasca.

– Questa scelta comporta un menù in continuo aggiornamento?

I miei camerieri mi odiano perché lo cambio in continuazione e vivono nell’incubo dei miei fuori menù da spiegare al cliente. Stiamo preparando il menù dell’estate che uscirà tra un mesetto.

– Esiste un piatto che rimarrà presente sempree che quindi sopravviveràal cambio di stagione?

La Carbonara di Mare, guai se la togliamo dal menù! Ormai è il piatto che caratterizza la nostra piccola cucina. 

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